martedì 11 novembre 2014

piccoli maschi con la gonna #2

Ieri Momo è andato all'asilo con un vestito a fiori sopra ai pantaloni: sembrerebbe una notizia di nessun interesse, se non fosse che c'è stato chi mi ha detto che permettergli questo gesto non convenzionale è stato come acconsentire a lasciargli fare la cacca per la strada, o fare sesso precoce o drogarsi con il mio consenso.

Ieri, dopo averlo accompagnato, ero molto agitata al pensiero di come sarebbe stata la sua giornata.
Ne ho scritto e c'è stata una bella discussione, soprattutto su Facebook. 
Le reazioni di cui sopra non sono infrequenti, e avevo paura per lui, che lo prendessero in giro, che lo umiliassero.
La maestra però è stata molto brava: alla curiosità dei compagni ha risposto con una breve riunione di classe in cui ha spiegato che ognuno può vestirsi come crede, che esistono delle convenzioni per cui i maschi di solito non mettono la gonna, ma che in altre culture però lo fanno e che Momo non faceva nulla di male.
Momo non mi ha riferito un disagio rispetto a questa attenzione su di lui.
Solo una bimba grande, la sua amica di classe, gli ha detto che era vestito da femmina e lui ha risposto "no, io sono un maschio", e la cosa è finita li.
Però, mamma, Sara mi ha fatto sentire un po' triste.
Ma quindi amore oggi è stata una brutta giornata?
No mamma, un po' brutta, ma solo pochino, per il resto bella!
E ti piace vestirti da ballerina?
Si!!!!!

Passata l'agitazione, ci siamo fatti una bella dormita e oggi torno a ragionare su questo episodio.

Quello che mi disturba non sono state le critiche motivate da un diverso punto di vista educativo, quello che mi urta è stato sentirmi dire che sono un genitore debole, che non è capace di dire di no.
Permettere a Momo di andare a scuola vestito "da femmina" non è stata una leggerezza: ci ho pensato bene e ho deciso che per lui confrontarsi con le possibili reazioni della sua classe sarebbe stato un bene.
Semplifico la tempesta che mi ha agitata, ma a grandi linee è stata questa:
- se supera questa giornata, quando lo chiameranno sporco negro sul campo da calcio gli farà una sonora pernacchia
- è già un bambino che si vede appiccicare attenzione addosso in continuazione (ma perché la tua mamma è bianca? ma sei stato adottato? ma quella signora è la tua baby sitter? e il tuo papà dov'è? tu ce l'hai un papà?), era proprio necessario metterlo su un palco con un vestito strano?!

Non fatico a dirgli di no: il mio scopo è renderlo forte, anzi più forte degli altri. Perchè ha solo tre anni e già tante cose da spiegare a un mondo convenzionale che non riesce a credere che un bimbo nero possa avere una mamma bianca ed essere stato concepito nella maniera classica. 
Qui non si tratta di non saper fare i genitori, si tratta di abituare i bambini ad essere sereni anche quando hanno gli occhi puntati addosso - a lui faceva piacere mettersi un vestito a fiori, l'ha messo.
Io cerco di educarlo, non di lasciare che cresca senza freni.

Alla fine ho deciso che, necessario o eccessivo, l'occasione si presentava e dunque senza forzature siamo rimasti li e abbiamo visto cosa succedeva.
E' successa una giornata tutto sommato normale, soprattutto bella, con qualche semino piantato e parecchia allegria.
E' successo che io e Momo siamo un po' cresciuti insieme.
Niente male, alla fine.

5 commenti:

lara ha detto...

meraviglioso!

stegianne ha detto...

Cara Cristina,
per quel che vale io credo che tu sia stata coraggiosa ed hai dimostrato un amore verso tuo figlio raro in questi tempi sconclusionati...
Coraggiosa perchè hai lasciato che tuo figlio sperimentasse e si sperimentasse in una situazione "particolare".
Amore verso tuo figlio perchè hai lasciato che lui esprimesse liberamente se stesso e la sua creatività.
Concordo con te circa il duro cammino che questi "bimbi di mezzo" si trovano ad affrontare ... non solo per di fronte ad una società bigotta ma anche, a volte, con genitori che riversano sui figli le proprie paure e frustrazioni ...
E come sempre ... sei un bell'esempio per me :)
Vi auguro ogni bene ..
Stefania

cristina sebastiani ha detto...

vale, stefania, vale tantissimo!
grazie!
e grazie anche a lara!

Unknown ha detto...

Mio fratello, nel lontano 1978,ha fatto uno sciopero perchè non trovava giusto che le femmine potessero mettersi le gonne e i pantaloni e i maschi non potessero mettersi le gonne. Morale, dopo alcuni giorni, mia mamma, sarta, ci ha fatto una bella gonna ciascuno e lui l'ha portata un sacco e con molta soddisfazione. Non ricordo se sia andato all'asilo così, ma ricordo le discussioni tra mia mamma e mio papà, molto perplesso. alla fine mio fratello ha sperimentato di potersi vestire come voleva. Nessuno sconvolgimento. Nessun dramma. Mia mamma è stata grande. Siamo cresciutì così. Giocando con i giochi, non giochi da maschi o giochi da femmina, semplicemente giochi. E siamo cresciuti con grande senso di rispetto per le persone, non per come si vestono, ma per come sono! BRAVA!

Mammamsterdam ha detto...

hai perfettamente ragione e ti dir`ø, non occorre neanche andare troppo lontano. I miei figli da piccolissimi hanno scelto a volte di chiamarci per nome, più per imitazione di come ci chiamavano gli altri, compresi i loro amichetti, che per sovvertire l' ordine sociale. Be, ma sai quante ce ne sentiamo dire da allora? Che poi per loro chiamarci per nome o mamma e papà è perfettamente intercambiabile, ma spiegalo a chi mi fa previsioni catastrofiche